Signor Pfiffner, come ha sottolineato nella sua presentazione, diverse correnti didattiche si stanno attualmente sovrapponendo in termini di forme di insegnamento e apprendimento. Inoltre, l’apprendimento si sviluppa in modo diverso nei vari Paesi. Il mondo dell’apprendimento si sta separando?
Tendenzialmente, sì. In realtà vediamo approcci molto diversi all’insegnamento e all’apprendimento. Spesso, i Paesi asiatici, ad esempio, pretendono di più dagli studenti, ma in genere pongono meno enfasi sul pensiero critico e riflessivo. Questo non va certo a favore dell’innovazione. In Svizzera, le competenze del futuro, quali il pensiero critico e la risoluzione dei problemi, la cooperazione, la comunicazione e la creatività, stanno lentamente assumendo un ruolo più centrale. Non bisogna tuttavia trascurare il fatto che alcune forme tradizionali di insegnamento e apprendimento, come l’insegnamento classico delle competenze disciplinari, mantengono la loro giustificazione. Non stiamo dunque assistendo necessariamente a un cambiamento unilaterale, ma a un aumento della complessità.
Molte aziende industriali hanno dipendenti in Paesi e culture diverse. Cosa significa questo sviluppo per le aziende
Un primo passo consiste nel prendere coscienza delle diverse culture di insegnamento e apprendimento. Come sono strutturate le aziende? Sono piuttosto attente all’ordine, alle regole e ai processi precisi, oppure si concentrano sull’innovazione e sulla rapida realizzazione di visioni per il futuro? Queste sono alcune domande che devono essere chiarite. In una fase successiva, si può concordare dove convergere e dove lasciare a ciascuna area le proprie inclinazioni. Il processo di avvicinamento ricorda un partenariato. È anche utile condividere le opinioni di base e, allo stesso tempo, lasciare all’altro alcune libertà.
In un’azienda le innovazioni nascono ad ogni livello, dalla formazione professionale alla ricerca fondamentale. Le persone con percorsi formativi diversi hanno spesso modi diversi per affrontare la conoscenza e sono abituate a forme diverse di apprendimento. Cosa significa questo per la cooperazione?
Tutte le parti devono essere flessibili. Ho l’impressione che al momento si stia muovendo molto. Sto ad esempio accompagnando un’università austriaca che vuole orientare le sue impostazioni di insegnamento e apprendimento per vari programmi di master nella direzione dell’orientamento alle competenze d’azione. Ma anche nelle aziende vi sono parecchie attività in corso. Molti formatori professionali e insegnanti di scuole professionali hanno iniziato la loro vita professionale con una cultura dell’insegnamento e dell’apprendimento diversa da quella richiesta oggi. Devono quindi continuare ad evolversi e ad adattarsi a nuove forme. Benché sia richiesta molta flessibilità, bisogna essere consapevoli che questi cambiamenti richiedono molto tempo. In base alla mia esperienza nei grandi progetti di riforma della formazione professionale, sono spesso necessari dieci o più anni affinché le nuove impostazioni di insegnamento e apprendimento si affermino ai vari livelli. Ci vuole quindi pazienza e perseveranza da un lato, ma anche il coraggio di voler cambiare.
In futuro, i giovani dovranno assumersi una maggiore responsabilità per il loro successo nell’apprendimento. Gli studenti non possono essere sopraffatti dalle nuove libertà?
L’ambiente tecnologico sta cambiando rapidamente. Anche le forme e gli strumenti di apprendimento sono sempre più diversificati. È importante considerare l’apprendimento non solo secondo la sua struttura superficiale. Gli studenti devono essere in grado di vedere il significato che sta dietro al loro apprendere. Questo li manterrà motivati e li aiuterà a gestire meglio la complessità. Gli studenti devono essere in grado di pianificare realisticamente i propri obiettivi e progressi. Per evitare che questo diventi un sovraccarico, è necessario che vi sia l’accompagnamento fatto da formatrici e formatori.
È quindi sempre più richiesto il ruolo di un coach che sappia rispondere alle diverse personalità?
In linea di principio, sì. Tuttavia, in questo contesto, non mi piace molto il termine «coach». Si ha l’impressione che si tratti principalmente di un supporto psicologico. Vedo le formatrici ed i formatori professionali piuttosto nel ruolo di accompagnatori all’apprendimento che supportano gli studenti, ma che siano anche in grado di sfidarli. A livello professionale, si tratta sicuramente anche di istruire e controllare la qualità. È Inoltre importante osservare come gli studenti affrontano le sfide reali e come si organizzano. I formatori devono quindi lasciare agli studenti una certa libertà, ma li devono pure accompagnare attivamente nel loro percorso di apprendimento, a seconda della situazione.
La persona
Prof. Dr. phil. habil. Manfred Pfiffner è titolare di una cattedra pedagogico professionale presso l’Università di Zurigo e vanta un’esperienza pluriennale di insegnamento e consulenza pratica nelle scuole professionali. Insieme alla dott.ssa Saskia Sterel, ha sviluppato il modello 4K: un corso di studi in cui vengono formati assieme i futuri insegnanti di «formazione professionale» e di «formazione in cultura generale». Gli attuali temi di ricerca e sviluppo sono, ad esempio, il «Pensiero e l’agire imprenditoriale» nelle scuole professionali e la revisione parziale del curriculum quadro per la formazione in cultura generale.